martes, 3 de febrero de 2009

TEOLOGIA DELLA CITTÀ: LEZIONE N. 12

Aula XXVII (20.01.09) 3ª Ora: 10,20-11,05/4ª Ora: 11:10-11:55
MLE 2005 Teologia della città: sfide per la pastorale e per la missione


5. La chiesa e la Città

5.1 Rapporto tra chiesa e città (GS 21)
Nel n. 21 della GS, riguardante l’ateismo viene detto: «la speranza escatologica non diminuisce l’importanza degli impegni terreni, ma anzi dà nuovi motivi a sostegno dell’attuazione di essi».

La chiesa non solo insegna al mondo, ma riceve luce, a sua volta, dal mondo secolare. Non bisogna porre sullo stesso piano di un’opera diabolica il mondo secolare; questo è anzitutto uscito dalle mani di Dio. La storia umana in quanto opera di Dio, è anche una parola, perché Egli ripetutamente parla attraverso eventi che rende intelligibili all’uomo.

Una pastorale samaritana e misericordiosa:

Davanti all’anonimato delle megalopoli ci vuole una pastorale intersoggettiva.
Una pastorale che rispetta le differenze. Fenomeni come la totalizzazione, mondializzazione e globalizzazione, tendono a cancellare le legittime differenze culturali, di forme di pensare, ecc.

La città-comunità, samaritana, misericordiosa, senza indifferenza, si costruisce sulla base del principio personale, dell’uguaglianza fondamentale e della diversità reale.

5.2 Le forme di presenza della chiesa nella città
Come detto nella lezione scorsa è necessario rinnovare le forme di presenza della chiesa in città.

La parrocchia rimane un punto di riferimento geografico in città, ma aperto alla comunità in tutto la sua complessità. La parrocchia può offrire il suo spazio fisico non soltanto per delle attività che servono alla vita laica. Ma deve entrare nella dialettica tra luogo e non-luogo, locale e globale.

Le comunità di base. Intese in senso originario e non come appaiono oggi come “comunità ecclesiali”, senza il richiamo all’azione trasformatrice.

Il centro missionario urbano. Una presenza non fisica ma costante nei settori della comunità. È preferibile che la persona incaricata sia una persona del posto e ben formata:
Scuola permanente di evangelizzatori urbani: dare spazio a bambini, adolescenti e giovani, naturalmente anche adulti.
Biblioteca parrocchiale su pastorale urbana: non solo libri ma riproduzione costante di materiali. Indispensabile lavoro con i bambini.
Elaborazione di materiali: piccoli manuali per piccole comunità e distribuzione e studio della bibbia.
Centri di istruzione per imparare mestieri diversi...
Organizzare eventi culturali e sportivi.

5.3 La pastorale urbana come sfida prioritaria per la missione
Le transizioni indispensabili in città:
Dal dare enfasi ai servizi religiosi ad una pastorale integrale.
Dalla chiesa che privilegia il clericale verso una chiesa intesa come popolo di Dio.
Dalla parrocchia territoriale alla presenza evangelizzatrice in settori e ambienti.
Da una formazione dottrinale a un vero allenamento in atteggiamenti evangelici.
Passare dei mezzi analogici di comunicazione ai mezzi cibernetici.

5.4 Evangelizzare nella metropoli: opportunità e compiti
Una accurato studio socio-antropologico del quartiere.
Dividere la parrocchia in settori.
Un equipe di persone, membri del consiglio pastorale parrocchiale che siano dedite all’organizzazione dell’evangelizzazione nelle zone marginali delle città.
Serio programma di formazione ma flessibile, con diverse possibilità di partecipazione: internet, mezzi cartacei, visite alla propria casa.
Avere un programma di lavoro costruito con la partecipazione di tutto il settore o comunità. Stabilire delle priorità del programma.
Propiziare momenti non solo per studiare in senso tecnico la città, ma anche per sapere contemplare i segni dei tempi, in modo interdisciplinare e permanente: architetti, artisti, ecc..
Creare delle cellule urbane, punti di riferimento per la diffusione del vangelo, ma come parte organica dei molteplici soggetti urbani.
Utilizzare dei mezzi liturgici e pastorali adatti ad ogni ambiente culturale urbano.
Partecipare istituzionalmente in spazi, reti sociali e civili, interagire con le istituzioni che compongono il tessuto urbano.

5.5 Per dare un’anima e una speranza alla città

Frattura instauratrice
La chiesa rischia, nelle megalopoli, di diventare una minoranza chiusa in sé stessa, che parla un linguaggio chiaro soltanto per sé e quindi enigmatico e incomprensibile per coloro che restano “fuori” dalla chiesa.

Da qualsiasi parte lo si consideri, il cristianesimo implica una relazione all’avvenimento che lo ha instaurato: Gesù Cristo. Esso presenta una serie di figure sociali intellettuali e storiche tutte poste sotto il doppio segno di una fedeltà e di una differenza in rapporto a tale avvenimento fondatore.

È interessante che nel cristianesimo sia l’assenza dell’oggetto quello che instaura il suo significato, cioè la morte di Gesù significa creare spazio all’azione dello Spirito e alla comunità dei testimoni. In questo senso morire significa permettere la diffusione del vangelo.

La morte della territorialità del cristianesimo dovrebbe portare a “permettere” che ci siano altre forme di presenza della chiesa in città. Determinazione o fedeltà al passato non impediscono che ci sia un salto qualitativo pur nelle strutture classiche della chiesa. Lo stesso Gesù rivoluzionò il mondo senza mai smettere di essere giudeo.

In conclusione, il cristianesimo è sempre fedele alla sua tradizione, ma allo stesso modo c’è un permanente rimando a qualcosa che non è possibile afferrare nel presente, un terzo assente. Questo fa pensare che la chiesa deve superare sempre sé stessa finché non verrà il suo “elemento mancante”. In tanto le sue strutture sono funzionali alla venuta di Gesù e non Gesù alle strutture storico-ecclesiali.

Gesù è l’Altro. È lo scomparso vivente (“verificato”) nella sua chiesa. Non può essere l’oggetto posseduto. La sua presenza ha permesso ciò che lo segue, ma la sua sparizione è la condizione di una oggettivazione plurale (la chiesa) che gli lascia la posizione di soggetto nella misura stessa in cui resta l’autore, e contemporaneamente il “mancante” e il “permesso”.

Quindi fedeltà ad una struttura della chiesa, quale la parrocchia non significa incapacità di superamento della stessa, perché il cristianesimo stesso è fedeltà ad una tradizione ma anche superamento e rimando ad un terzo mancante, il Gesù che deve venire.

6. Concluisione

Il n. 37b della Redemptoris Missio va studiato sul serio. La missione nel XXI secolo si realizza in città.

La complessità del fenomeno urbano obbliga al teologo ad adoperare una metodologia interdisciplinare e induttiva.

Nell’affrontare il tema della città possono rendersi molto utili la teologia politica e le teologie del terzo mondo, in quanto esse riflettono sulla problematica storica e politiche delle città contemporanee.

La chiesa in città non può chiudersi in sé stessa deve superare la visione territoriale per entrare in una visione dinamica della chiesa, con una forte presenza nei quartieri più degradati delle megalopoli, dove si costruisce la nuova società.
Risulta di gran utilità la dottrina sociale della chiesa e i documenti ecumenici che parlano delle problematiche cittadine.

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