viernes, 19 de diciembre de 2008

LEZIONE N. 9: TEOLOGIA DELLA CITTÀ...

Aula XXVII (17.12.08) 4ª Ora: 11,10-11,55

MLE2005 Teologia della città: sfide per la pastorale e per la missione

3. La città e il suo fondamento biblico

Bibliografia: E. M. Tacchi, «Città», in A. Colombo (a cura di), Dizionario di dottrina sociale della chiesa. Scienze sociale e magistero, Vita e Pensiero, Milano 2004, 190; E. Cortese, «La città ideale dei profeti», in Parole di Vita 32 (1987), 30-38; J. Comblin, Teologia della città, 108-199; G. Frosini, Babele o Gerusalemme?, 145-167.

È paradossale, ma la Bibbia inizia la narrazione dell’economia della salvezza parlando d’un giardino e conclude parlando d’una città: la nuova Gerusalemme. Forse si tratta soltanto di una casualità ma altri passaggi importanti della storia della salvezza rimandano costantemente a delle città: La prima fase, quella pagana, va dal giardino dell’Eden fino a Babilonia; la seconda fase, quella della storia di Israele, comincia con la vita nomade dei Patriarchi e il pellegrinaggio delle tribù nel deserto, e si conclude a Gerusalemme. Passaggio fondamentale è la morte di Gesù a Gerusalemme, la città viene distrutta dai romani e così, senza saperlo iniziava l’era nuova. Infine l’ultima fase, quella del cristianesimo, comincia in Galilea e raggiunge il suo termine nella nuova Gerusalemme. È come se la storia della salvezza si giocasse tra l’ambito rurale e quello urbano.

Inoltre, nella Bibbia, possiamo notare una certa identificazione tra l’agglomerato urbano e la popolazione, come nel libro di Giona, per esempio, quando si parla della “grande città” di Ninive. Essa è caratterizzata dalla presenza di centoventimila abitanti, dispersi su di un territorio percorribile in tre giorni di cammino. Si tratta di un peso demografico abbastanza ridotto, se riferito ad un’area così ampia: al presente probabilmente non si parlerebbe di una città ma di un gruppo di villaggi rurali che costituiscono una provincia o un distretto. Quando invece la connotazione della città come conglomerato urbano è utilizzata con maggiore precisione, non è raro che affiori nella Bibbia una valutazione morale negativa, o quanto meno la preoccupazione per una serie di rischi che si ritengono collegati alla concentrazione e all’interscambio demografico: Sodoma in particolare è l’icona della corruzione urbana, ma anche Corinto dei tempi di Paolo è considerata una città portuale dissoluta e quindi pericolosa moralmente.

Si riscontrano invece più spesso un atteggiamento positivo quando si parla di comunità civica in senso culturale e anche religioso: in particolare Gerusalemme è un’icona del popolo eletto da Dio nella tradizione ebraica e redento da Cristo nell’ottica neo-testamentaria.

Sin dal primo libro della bibbia si afferma che Caino, il figlio primogenito di Adamo, edificò una città per il suo figlio Enoch (Gn 4,17): « Or Caino si unì a sua moglie che concepì e partorì Enoch. Egli divenne costruttore di una città, che chiamò Enoch, dal nome del figlio suo».

Prima della monarchia esisteva solo un certo Israele. Era semplicemente un assieme disordinato di gruppi etnici, forse anche abbastanza eterogenei. Ció che unifica e rende Israele uno stato è la monarchia.

È molto significativo che il profetismo appaia in Israele proprio quanto sta per formarsi lo Stato monarchico.

3.1 La città ideale dei profeti

I profeti e la politica. L’episodio di 1 Sam 9s., cioè quando Samuele unge Saul come capo di Israele, non è semplicemente un racconto pittoresco, significa che a partire di quel momento lo Spirito, che prima animava gli eroi carismatici del tempo dei Giudici, ora è passato in in’istituzione apposita, quella dei profeti, la quale avrà come scopo principale quello di assistere lo Stato d’Israele e i suoi re.

Ne è la riprova il fatto che lo stesso Samuele, che ha permesso la nascita della monarchia eleggendo il beniaminita Saul, lo detronizza autoritativamente (1Sam 13 e 15) e sceglie come suo successore l’ultimo figlio di Jesse di Betlemme, della tribù di Giuda: Davide (1Sam 16).

Fin qui i profeti sembrano essere personaggi della vita di corte. Pian piano però i veri profeti si sganciano dalla struttura monarchica. Con Salomone la voce della profezia sembra soffocata. Le sue ispirazioni egli, nel clima illuministico della primitiva sapienza di corte, le attinge dai sogni (1Re 3 e 9). Ma subito dopo compare un profeta indipendente: Achia di Silo. Costui viene da un centro culturale molto antico, che le strutture ufficiali, la monarchia e il tempio di Gerusalemme avevano messo da parte. Egli incontra Geroboamo uscito da Gerusalemme e gli predice lo scisma (1Re 11,29-39):

Or avvenne che Geroboamo, uscito da Gerusalemme, incontrò per strada il profeta Achia di Silo. Costui era coperto d' un mantello nuovo e solo loro due si trovavano nella campagna. Allora Achia afferrò il mantello nuovo che indossava e lo strappò in dodici pezzi. Poi disse a Geroboamo: «Prenditi dieci pezzi, perché così dice il Signore: "Ecco, strapperò il regno dalla mano di Salomone e darò a te dieci tribù. A lui resterà una sola tribù in considerazione del mio servo Davide e di Gerusalemme, la città che ho scelto fra tutte le tribù d' Israele. Questo perché egli mi ha abbandonato, si è prostrato davanti ad Astarte, dea dei Sidoni, e Camos, dio di Moab, e a Milcom, dio degli Ammoniti, e non ha camminato nelle mie vie, facendo ciò che è giusto ai miei occhi, i miei statuti e i miei decreti, come Davide suo padre. A lui però non toglierò di mano il regno, perché l' ho costituito principe per tutto il tempo di sua vita, in considerazione di Davide mio servo, che ho scelto e che ha custodito i miei comandamenti e i miei statuti. Toglierò invece il regno di mano a suo figlio e darò a te dieci tribù, mentre a suo figlio conserverò solo una tribù, affinché rimanga in perpetuo una lampada per Davide mio servo davanti a me in Gerusalemme, la città che mi sono scelto per collocarvi il mio nome. Prenderò dunque te perché regni su tutto ciò che desideri e sarai re d' Israele. Se tu ascolterai quanto ti comanderò e camminerai nelle mie vie e farai ciò che è giusto ai miei occhi, custodendo i miei statuti e i miei comandamenti come fece Davide mio servo, io sarò con te e ti edificherò una casa duratura come la edificai a Davide. Ti darò Israele e in tal modo umilierò la discendenza di Davide, benché non per sempre"».


Spesso i profeti vengono consultati per capire gli esiti delle campagne di guerra dei re. Michea (1Re 22) e altri profeti anonimi (1Re 20,13.22.28.35). Eliseo, discepolo di Elia, illumina l’attività militare dei due re alleati Giosafat e Ioram contro i Moabiti (2Re 3).

L’idealizzazione della città compare in Isaia, in lui la visione della città fa riferimento anche a una “fede politica”. Sotto Ezechia, attorno al 700 a.C. Gerusalemme è assediata da Sennacherib re di Assiria. Il profeta dice:

Gerusalemme, la fanciulla, ti ha disprezzato, la città di Sion ti ha deriso, o Sennacherib! Ma tu sai chi hai insultato e ingiuriato? Contro chi hai alzato la voce? Verso chi sei insolente? Verso di me, il Santo d’Israele. (2Re 19 e Is 37).


L’insegnamento profetico non è dato dall’alto e restando al sicuro nelle vicende storiche dolorose del popolo. Il più delle volte i profeti hanno pagato di persona, non solo perché coinvolti nella vita del loro popolo ma anche perché la città li osteggia: Gerusalemme uccide i profeti.

La posizione del profeta è veramente interessante; loro rimangono fedeli al giudizio del loro Dio e tante volte pagano i costi di questa fedeltà. In questo senso si può dire che loro non abbiano un interesse particolarmente “secolare” nel costruire la città degli uomini, cercano piuttosto che la città sia fedele al suo Signore. Ad ogni modo i profeti non perdono la speranza. Essi si concentrano su due punti: sperare nella città futura e combattere i difetti di quella presente. Essi continuano a ritenere che il traguardo finale si deve raggiungere attraverso la storia, quindi invitano i cittadini a partecipare anche a livello sociale e politico.


3.2 La città nel Nuovo Testamento

Quando si dà uno sguardo ai testi biblici che parlano della città si può notare una sorta di lotta dialettica tra ciò che costituisce la città “degli uomini” e la “città di Dio”, ma ciò spiega perché la città è in sé una realtà simbolica, nel senso che non è univoca: può essere vista nella sua forma fisica, nella sua forma politica, e anche nella sua forma teologica. Questi livelli ritornano costantemente nei i testi biblici.

Quale città?
L’evangelista Giovanni presenta l’opposizione tra due diversi tipi di comprensione della città: Babilonia, «la madre delle prostitute e delle abominazioni della terra» (Apoc 17,5) e Gerusalemme, «la sposa dell’Agnello» (Apoc 20,9). Non è difficile notare in questi testi una simbolicità della città, per potere esprimere in modo comprensibile la visione ideale di una città o il suo contrario, cioè la sua corruzione si fa riferimento a due città.

Il popolo di Israele ha veduto il paganesimo incarnato nelle città, per questo la sua negazione del paganesimo ha preso la forma di un ostilità contro le città pagane.

Ma il punto è sapere in quale modo una città può incarnare il paganesimo e un’altra la santità di vita. Una città per definizione è costituita dai suoi abitanti, allora, come fare un giudizio su un’intera città? La cosa interessante è il fatto che questa mentalità giudaica è entrata anche nella mentalità cristiana, cioè quella di distinguere fra una “città di Dio” e una “città degli uomini”.

Una tale dialettica può essere anche letta dal punto di vista sociologico o antropologico, cioè sostenendo che l’attacco dei profeti contro le città corrispondesse piuttosto alla dialettica tra uno stile di vita errante, nomade e un progressivo processo di urbanizzazione e quindi non avrebbe molto a che vedere con un’interpretazione di fede “politica”.

Anche se questa tesi è accettabile, rimane il fatto che i profeti non fanno soltanto un discorso nella linea della psicologia sociale, ma parlano anche dei peccati che gli abitanti di queste città commettono contro i loro principi religiosi, contro il loro Dio, spesso si parla di Idolatria. Quindi le città hanno una funzione politica e anche religiosa. Il profetismo si muove su questi due versanti.

Di conseguenza, i profeti affermano che la ricerca di Dio può cominciare soltanto con una rottura verso il fascino e le seduzioni di un paganesimo di cui le città mostrano tutte le attrattive.

Tra l’altro non è detto che il semplice fatto che una città sia ritenuta “santa” basta per raggiungere uno stato di giustizia davanti Dio. Gesù, parlando alla samaritana dice: «Credimi, donna, verrà l’ora in cui né su questo monte né in Gerusalemme adorerete il Padre... Ma viene l’ora, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità» (Gv 4,21s.). E poi, lo stesso Gesù è morto in quella che era ritenuta la “città santa”.

1 comentario:

Alejandro dijo...

Juan: disculpa te envié equivocado el correo:

alejandrocubias@gmail.com

Alejandro Cubías

LA UNIVERSIDAD DONDE TRABAJO EN EL SALVADOR

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