miércoles, 3 de diciembre de 2008

LEZIONE N. 7: TEOLOGIA DELLA CITTÀ...


Aula XXVII (03.12.08) 3ª Ora: 10,20-11,05

MLE2005 Teologia della città: sfide per la pastorale e per la missione


2.2 Una visione interdisciplinare: sociologia, antropologia e filosofia della città

La città è oggetto di diverse scienze. Questo è comprensibile, perché come dice H. Jonas, le città sono state le prime manifestazioni dell’organizzazione umana, di conseguenza esse sono il simbolo della visione antropologica della realtà.

In ambito urbanistico si tenta di superare il mito della megalopoli, che almeno in teoria si pensa sia già superato.

Come giustamente afferma il Frosini, «il pericolo sempre incombente è che la misura di tutto non sia l’uomo (tutto l’uomo e tutti gli uomini), bensì che la produzione o il profitto e l’efficienza diventino le finalità e i punti di riferimento ai quali si subordina il presente e il futuro delle città» (p. 26).

Ogni volta è più diffusa l’idea che nelle megalopoli ci siano, tra un centro urbano e un altro, delle zone verdi e degli spazi di ricreazione.

La geografia urbana diventa interessante nei suoi argomenti, soprattutto se pensiamo all’evoluzione o all’involuzione del centro storico delle città o alle sue periferie. Al centro della preoccupazione di ogni geografia urbana stanno le aree metropolitane, cioè le aree di diretta influenza del massimo centro di attività di una regione (metropoli). Davanti alla crescita delle zone metropolitane, la divisione in regioni urbane diventa una necessità.

La sociologia della città penso sia una disciplina diventata indispensabile per capire i centri urbani. Anche se qualcuno rimanda la sua origine alla Germania e agli USA, in realtà, l’archeologia di questa disciplina la troviamo già nei testi di Platone e Aristotele. Non è stato Cox a parlare dell’anonimato nelle città ma Aristotele, nel libro VII,4, quando afferma: «stranieri e meteci potranno più facilmente partecipare ai diritti della cittadinanza giacché, dato l’eccessivo numero della popolazione, non è difficile passare inosservati». Comunque è giustamente a partire da questo anonimato, tipico delle grandi città, che si fa un richiamo alla responsabilità e a fare del territorio abitato non solo un ambito fisico ma anche una habitus, un luogo dove potere abitare come persone e non come semplici prodotti dell’industria della tecnica. Noi, nel corso delle lezioni avremmo presente il pensiero di Zygmunt Bauman.

Nella politica della città, l’accento va messo al rapporto dello Stato col territorio. Se noi consideriamo il modo disordinato in cui crescono le città come metafora del disordine sociale, allora bisogna dire che lo Stato ha una responsabilità nell’ordinamento e nel dovere rendere più umane le città. Se noi andiamo alle origini del concetto polis, vedremmo che lo stato è nato in concomitanza allo spostamento delle popolazioni dall’ambito rurale all’ambito urbano, quindi è stato il bisogno di regole precise nella polis ciò che ha generato la costituzione dello stato. Lo stato deve la sua esistenza alle città, servire questa deve essere il suo compito.

Infine per noi sará cara anche la visione antropologica della città, per lo meno così come la troviamo in M. De Certeau e in M. Foucault. Faremmo dei brevi passaggi sulla visione filosofica della città, anche se il nostro principale interesse e approccio comunque rimane quello teologico-pastorale.

Però prima di andare avanti vorrei tentare un secondo livello nel definire la città. Il primo livello è stato sviluppato durante la lezione n. 3, i concetti sviluppati furono quelli classici: urbs, civitas e polis.

Ora facciamo un passo in avanti cercando di capire il concetto di megalopoli.

Megalopoli

Bibliografia: G. Frosini, Babele o Gerusalemme, 26-41. Sul concetto megalopoli:
www.annodelpianetaterra.it o www.yearofplanetearth.org
; A. Petrillo, Villaggi, città, megalopoli, Carocci, Roma 2006.

Termine di origine greca (da megas, “grande”; polis, “città”) utilizzato per la prima volta in ambito geografico nel 1961 dal geografo francese Jean Gottmann nel volume Megalopoli. È considerata megalopoli un’area urbana di 5 milioni di abitanti. Gli scienziati stimano che nel 2015 il mondo avrà 60 megalopoli dove vivranno più di 600 milioni di persone in totale.

Esse sono sedi di interazioni intense e complesse tra i diversi processi demografici, sociali, politici, economici ed ecologici. Nel mondo in via di sviluppo le megalopoli crescono più velocemente delle loro infrastrutture.

Le megalopoli ospitano un’umanità varia, fatta di persone diverse che coesistono le une accanto alle altre.

La megalopoli custodisce un tesoro in termini di abbondanza di professionalità e di competenze, di creatività, di interazione sociale e di diversità culturale.

Megalopoli significa però anche un rischio per il pianeta. Queste città gigantesche sono sempre più vulnerabili, perché in esse spesso si annidano sacche di grande povertà, crescono le disuguaglianze sociali e aumenta il degrado ambientale, elementi tutti interconnessi da un sistema complesso di beni e servizi. La densità della popolazione aumenta la vulnerabilità delle megalopoli a rischi naturali e antropici; per questa ragione esse sono sia vittime che produttori di rischio, in quanto esposte all’ambiente globale e ai cambiamenti socio-economici e politici ai quali esse stesse contribuiscono.

Le megalopoli sono il luogo ideale dove sociologi, scienziati della terra, ambientalisti e medici possono studiare l’impatto delle attività socio-economiche e politiche inerenti i cambiamenti ambientali (e viceversa), e trovare le soluzioni ai problemi più gravi. Per queste ragioni l’attività di ricerca nel settore delle megalopoli possono contribuire, in maniera sostanziale, a promuovere la giustizia e la pace globale e quindi la prosperità nel mondo.

La qualità di vita per molti abitanti delle megalopoli è solitamente bassa e ciò vale sia per i poveri, sia per i ricchi. L’inquinamento dell’aria, dell’acqua e dei suoli, la scarsità di acqua e di energia, il traffico congestionato, i problemi ambientali che influiscono sulla salute, gli spazi verdi limitati, la povertà e la malnutrizione, la sicurezza sociale ed i problemi di sicurezza pubblica sono tutti fattori che pesano fortemente sulle persone, condizionandole.

Ecco alcuni punti di domanda per le nostre ricerche: (a) Che cos’è, per i residenti di determinate megalopoli, la qualità della vita e in particolare che cosa pensano, cosa desiderano e quali sono le loro esigenze? (b) Come si può monitorare la «qualità della vita», prendendo in considerazione l’unicità dei valori presenti nei sistemi socio culturali? (c) In che modo le megalopoli potranno trasformarsi in ambienti umani più competitivi, creativi e attraenti e al contempo essere luoghi più sicuri dove vivere?

La crisi urbana, come ricorda A. Petrillo, non è soltanto una crisi tra le altre crisi, lui la chiama «la crisi delle crisi», cioè il momento storico verso cui sembrano precipitare e convergere tutte le precedenti contraddizioni e i passaggi critici della storia dell’urbanesimo moderno. La dialettica tra prodotto artificiale e natura sfiora il suo punto massimo.

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