miércoles, 22 de octubre de 2008

LEZIONE N.3: TEOLOGIA DELLA CITTA...


(22.10.08)
3ª Ora: 10,20 – 11,05/4ª Ora: 11,10 – 11,55
MLE2005 Teologia della città: sfide per la pastorale e per la missione

COMPLESSITÀ DEL FENOMENO URBANO

La città tra utopia e realtà storica

Approssimazione al concetto di città: tentativo preliminare

Villaggio

Bibliografia: U. Fabietti – F. Remotti (a cura di), Dizionario di antropologia. Etnologia, Antropologia culturale, Antropologia sociale, Zanichelli, Bologna 1997, 792-793; U. Colombo – G. Lanzavecchia (a cura di), La nuova scienza, vol. 1: Dalla tribù alla conquista dell’universo. Scienza, tecnologia e società, Scheiwiller, Milano 2000, 81-82.

Insediamento di dimensioni relativamente ridotte, i cui abitanti si riconoscono e agiscono come appartenenti a un’unità comune. Pertanto il termine indica un’entità sia territoriale, sia politica. In chiave evoluzionistica si può dire che è nel villaggio, dove si inizia a modificare l’ambiente, così si parla del passaggio dall’insediamento indefinito, non comportante una trasformazione dell’ambiente ecologico (grotte, ripari sotto roccia) all’insediamento stanziale, dove invece si riscontra l’intervento dell’uomo.

Gli elementi che determinano la varietà di modelli del villaggio dipendono da molti fattori: habitat naturale, rapporti con le popolazioni vicine, strutture familiari, tipo di economia, credenze religiose. Un villaggio normalmente ha un capo e una propria organizzazione (sociale, politica, religiosa, ecc.); anche nei casi attuali, in cui alcuni villaggi si trovano sotto la giurisdizione impostagli dall’organizzazione civile del paese in cui si trovano.

L’associazione tra i primi villaggi e le prime città della storia è nella «terra tra i due fiumi», dove vediamo che all’origine delle prime concentrazioni umane vi sono motivi di ordine economico, legati allo sfruttamento delle terre fertili, al traffico dei beni e agli spostamenti delle popolazioni; il Tigri e l’Eufrate sono, infatti, vie di comunicazione essenziali tra il Golfo Persico e il Mediterraneo [sull’idea di città nel mondo classico, cfr. L. Benevolo, La città nella storia d’Europa, Laterza, Roma-Bari 2007, 9-20].

Per villaggio globale, in sociologia, si intende il mondo contemporaneo, considerato come un unico villaggio grazie al potere unificante dei mezzi di comunicazione di massa. La locuzione originale inglese global village, è stata coniata dal sociologo canadese Marshall McLuhan (1911-1980).

Città

E. M. Tacchi, «Città», in A. Colombo (a cura di), Dizionario di dottrina sociale della chiesa. Scienze sociale e magistero, Vita e Pensiero, Milano 2004, 188-189.

Secondo W. Weber —de la scuola tedesca di sociologia— una città non si differenzia da un villaggio o da un paese solo per l’aspetto quantitativo, ma anche per l’aspetto qualitativo: la città non è dunque semplicemente un grosso borgo (→piccolo centro abitato; quartiere, sobborgo cittadino che si trova, o si trovava originariamente, in periferia, o fuori dalla cerchia delle antiche mura), ma un’entità storica che si qualifica come segno importante sul territorio. Essa può assumere diverse connotazioni (come centro industriale, commerciale, amministrativo, religioso, ecc.); la città esercita poi in ogni caso una qualche egemonia sul territorio in cui si colloca, particolarmente evidente nel caso delle capitali.

Invece la scuola sociologica di Chicago, con Wirth, chiarisce in forma definitiva che conviene parlare di città solo in presenza di una popolazione significativa, notevole, territorialmente concentrata e socialmente eterogenea: quindi l’immagine della “città di Dio” estesa a tutta la chiesa non sarebbe appropriata per mancanza del secondo requisito, così come l’immagine della “città della scienza” applicata ad un grande centro di ricerca andrebbe rifiutata per mancanza del terzo.

Alla radice del termine odierno città noi troviamo altri tre parole-chiavi: urbs, civitas e polis.

Urbs: è, in primo luogo, la città circondata dalle mura. Di fatto Urbs deriva da orbis che significa "circolo", "rotondità", da qui per esempio la parola orbita (di un pianeta) o urbe (mondo). L’espressione latina urbi et orbi si intende: «alla città (di Roma) e al mondo».

In questo senso la città non è una realtà naturale, ma è un’opera artificiale dell’uomo. La città rimanda, dunque, almeno in prima istanza, a un sistema materiale di costruzioni (case, fabbriche, chiese, strade, piazze, ecc.), dove prevale l’aspetto concreto, la dimensione fisica e tecnica. Della città, vista in questa prospettiva, si occupano discipline come l’architettura e l’urbanistica.

Civitas: Qui il senso della città è più ampio, non riguardo soltanto il senso fisico di una popolazione, ma anche l’organizzazione istituzionale dei suoi abitanti. La civitas, come realtà immateriale, sociale e culturale, è dunque oggetto di studio principalmente per le scienze umane: non è tanto un insieme di cose, quanto un insieme di persone e di gruppi, caratterizzati da una certa unità culturale. Così civiltà viene chiamato il risultato culturale da una civitas.

Polis: è il senso della città in quanto luogo più prossimo che interessa il bene comune e la gestione della cosa pubblica (la res publica). Politica è la parola che traduce l’interesse dei governanti per il bene della città. La politica, dunque, indica originariamente il governo della città, al quale partecipano tutti gli uomini liberi. Se, come nella antica Grecia, la città e lo Stato praticamente si identificavano, si spiega quindi perché oggi qualunque governo (locale, nazionale, globale) comporti la dimensione politica.

In conclusione, se l’urbs ci lega a un territorio concreto a cui apparteniamo e la civitas ci inserisce in una comunità, la polis ci invita a sentire la gestione della cosa pubblica come qualcosa che ci riguarda e che richiede la nostra partecipazione.

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