martes, 3 de febrero de 2009

POLITICA, ECONOMIA, ECOLOGIA...: LEZIONE N.11

(Martedí, 20.01.09)/Aula XXVII 3ª Ora: 10,20 – 11,05/4ª Ora: 11,10 – 11,55
MLC1006 Politica, economia, ecologia: forme di sviluppo e ruolo della Chiesa.

4. Per una salvezza integrale e armonica

Bibliografia: M.-D. Chenu, «I segni dei tempi», in H. De Riedmatten – K. Rahner – M.-D. Chenu – E. Schillebeeckx – V. Heylen – A. Dondeyne – L. J. Lebret – J. Y. Calvez – D. Dubarle – J. Lawrence – J. K. S. Reid, La chiesa nel mondo contemporaneo. Commento alla costituzione pastorale ‘Gaudium et Spes’, Queriniana, Brescia 1966, 85-102; Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della dottrina sociale della chiesa, Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2005.

4.1 Chiesa e segni dei tempi

Cosa sono i segni dei tempi (Signa temporum)? L’espressione è usata nei testi del concilio, all’inizio dell’introduzione della costituzione sulla chiesa nel mondo contemporaneo (n. 4, cf. anche UR, n. 4):

Per svolgere questo compito [servire l’uomo], è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico.

Sono fenomeni umani che, attraverso la loro disponibilità al Vangelo, sono appunto l’ambito in cui si realizza tale rapporto: “segni” iscritti in qualche modo nel movimento della storia. Nelle intuizioni di Giovanni XXIII (“il dottore dei ‘segni dei tempi’), sono valori terrestri, la cui percezione da parte della Chiesa, popolo di Dio, ne condiziona l’aggiornamento. Anche Pio XII ne aveva intuito il senso: «La chiesa, nel suo progresso segue, senza sosta e senza urti, il cammino provvidenziale dei tempi e delle circostanze. Tale è il senso profondo della sua legge vitale di continuo adattamento»[1]. Però i segni dei tempi vanno oltre un semplice adattamento, essi sono in rapporto con la storia della salvezza, che a partire dai segni dei tempi essa diventa salvezza nella storia. A partire di questa loro vincolo con la storia della salvezza, se la chiesa non li prende in considerazione andrebbe contro la sua funzione profetica, essenziale della sua costituzione.

La teologia dei segni dei tempi hanno avuto un ruolo importante per capire la valenza dei fenomeni della storia per la riflessione teologica e per l’evangelizzazione. In essi il tempo va considerato nel suo valore essenziale, che può modificare la vita dello spirito. Nei segni dei tempi c’è un rimando ad un’antropologia integrale, dov’è centrale la storicità dell’uomo: l’uomo è un essere nel mondo; storia e spirito sono in lui consostanziali. Come direbbe Y. Congar con i segni dei tempi si indica che c’è qualcosa da imparare dal tempo stesso.

Anche se rapportati con un senso religioso, i segni dei tempi non perdono il loro contatto con la storia. Si possono classificare in tre categorie:
Alcuni sono naturali, essendo legati alla natura delle cose nelle loro caratteristiche immediate e spontanee: una piantina nel deserto è il segno della presenza delle condizione perché ci sia la vita.
Altri sono convenzionali, frutto dell’iniziativa dell’uomo, che ricorre ad un gesto, ad una parola, ad una cifra, per comunicare con i suoi simili; il linguaggio è l’esempio più chiarificante.
Ci sono infine i segni storici, si tratta di un ‘evento’, che ha come protagonista l’uomo e che, al di là del suo contenuto immediato, può esprimere un’altra realtà. La Conferenza di Medellín da parte del CELAM in Colombia è un fatto ristretto ad un continente, ma ha dato origine a tutta una corrente teologica, che poi ha avuto un influsso molto ampio. Non si tratta, dunque, di precisare in forma erudita il dettaglio di un fatto passato; ma di discernere nel fatto stesso la forza segreta che ne è stata l’animus, fino a tradurlo ormai in un simbolo permanente per il futuro.

Ciò che interessa non è più il contenuto materiale dell’evento, per importante che sia, ma la presa di coscienza che ha provocato, liberando le energie e le speranze di un intero gruppo umano, al di là della riflessione di questo o di quell’individuo. La storia si compone non tanto di una serie di fatti incatenati l’uno all’altro; ma di queste prese di coscienza collettive.

Questi eventi sono percepiti da uomini che ne leggono il destino attraverso un globale presentimento delle scadenze successive. Sono veri profeti, che non si basano tanto su analisi calcolate, quanto sull’affettuosa comunione con le aspirazioni del loro popolo.

Sono ‘segni dei tempi’ quei fenomeni generali, che coinvolgono tutta una sfera di attività ed esprimono i bisogni e le aspirazioni dell’umanità attuale. Ma tali fenomeni generali sono ‘segni’ soltanto nell’ambito di una presa di coscienza, nel movimento della storia. Promozione della classe operaia, impegno sociale della donna, organizzazione della coscienza internazionale, liberazione dei popoli dalla tutela coloniale, ecc.

Perché i segni dei tempi restino effettivamente dei segni, è necessario che il carattere significativo degli eventi e dei fenomeni non appaia come una sovrapposizione, ma sia incarnato nella stessa realtà terrestre e storica. Il senso storico è immanente all’evento, altrimenti la storia è insignificante.

I cristiani facendo astrazione dei segni corrono il pericolo di spiritualizzarli. Se Dio guida una storia profana orientata, di cui l’evento è il momento che la fede può leggere profeticamente, l’evento deve essere valorizzato come una manifestazione del disegno divino (J. P. Jossua).

È importante capire che la chiesa non crea un mondo di valori propri, offrendo agli uomini, in vista della loro salvezza, il rifugio dell’extraterritorialità... Essa non è una fotocopia, di stampo divino, della società civile.

4.2 Dottrina sociale della chiesa

Problematizzare DSCH e TdL

Natura della dottrina sociale
La dottrina sociale non è nata come sistema organico, ma si è formata nel corso del tempo, attraverso i numerosi interventi del Magistero suoi temi sociali.

Uno dei punti più difficili da capire è il suo statuto epistemologico. Alcuni parlano della DSCh come di una categoria a sé, Giovanni Paolo II la definisce come: «l’accurata formulazione dei risultati di un’attenta riflessione sulla complesse realtà dell’esistenza dell’uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Suo scopo principale è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o difformità con le linee dell’insegnamento del Vangelo sull’uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendere; per orientare, quindi, il comportamento cristiano»[2].

Quindi non è un’ideologia, ma una teologia, normalmente compresa nella teologia morale. La DSCh, pertanto, è di natura teologica, e specificamente teologico-morale. La DS riflette, di fatto, i tre livelli dell’insegnamento teologico-morale: quello fondativo delle motivazioni; quello direttivo delle norme del vivere sociale; quello deliberativo delle coscienze, chiamate a mediare le norme oggettive e generali nelle concrete e particolari situazioni sociali. Questi tre livelli definiscono implicitamente anche il metodo proprio e la specifica struttura epistemologica della DSCh.

Comunque anche con queste precisazioni non risulta chiaro in quale modo una “dottrina” non sia ideologia e invece sia una teologia; penso che quest’aspetto metodologico merita di essere approfondito.

Evangelizzazione e Dottrina Sociale
Nel n. 1 della GS si dice che la chiesa, partecipa alle gioie e alle speranze, alle angosce e alle tristezze degli uomini, è solidale con ogni uomo e con ogni donna, d’ogni luogo e d’ogni tempo, e porta loro la lieta notizia del Regno di Dio, che con Gesù Cristo è venuto e viene in mezzo a loro.

La chiesa è chiamata dunque ad essere in rapporto con ogni uomo; essa tenta di comprenderlo nella sua vocazione e nelle sue aspirazioni, nei suoi limiti e nei suoi disagi, nei suoi diritti e nei suoi compiti, e di avere per lui una parola di vita da far risuonare nelle vicende storiche e sociali dell’esistenza umana.

Con il suo insegnamento sociale, la chiesa intende annunciare ed attualizzare il vangelo nella complessa rete delle relazioni sociali. Non si tratta semplicemente di raggiungere l’uomo nella società, l’uomo quale destinatario dell’annuncio evangelico, ma di fecondare e fermentare la società stessa con il vangelo.

Con la sua DS la chiesa si fa carico del compito di annuncio che il Signore le ha affidato. Essa attualizza nelle vicende storiche il messaggio di liberazione e di redenzione di Cristo, il vangelo del regno. La chiesa, annunziando il vangelo, «attesta all’uomo, in nome di Cristo, la sua dignità e la sua vocazione alla comunione delle persone; gli insegna le esigenze della giustizia e della pace, conformi alla sapienza divina»[3].

La chiesa, con la sua DS, non solo non si discosta dalla propria missione, ma è strettamente fedele ad essa.

Dottrina sociale, evangelizzazione e promozione umana.
La DS è parte integrante del ministero di evangelizzazione della chiesa. Tutto ciò che riguarda la comunità degli uomini —situazioni e problemi relativi alla giustizia, alla liberazione, allo sviluppo, alle relazioni tra popoli, alla pace— non è straneo all’evangelizzazione e questa non sarebbe completa se non tenesse conto del reciproco appello che si fanno continuamente il vangelo e la vita concreta, personale e sociale dell’uomo. Tra evangelizzazione e promozione umana ci sono legami profondi: «Legami di ordine antropologico, perché l'uomo da evangelizzare non è un essere astratto, ma è condizionato dalle questioni sociali ed economiche. Legami di ordine teologico, poiché non si può dissociare il piano della creazione da quello della Redenzione che arriva fino alle situazioni molto concrete dell'ingiustizia da combattere e della giustizia da restaurare. Legami dell'ordine eminentemente evangelico, quale è quello della carità: come infatti proclamare il comandamento nuovo senza promuovere nella giustizia e nella pace la vera, l'autentica crescita dell'uomo?» (EN, 31).

La DS «ha di per sé il valore di uno strumento di evangelizzazione»[4] e si sviluppa nell’incontro sempre rinnovato tra il messaggio evangelico e la storia umana. Così compresa, tale dottrina è via peculiare per l’esercizio del ministero della Parola e della funzione profetica della chiesa: «per la chiesa insegnare e diffondere la dottrina sociale appartiene alla missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del messaggio cristiano, perché tale dottrina ne propone le dirette conseguenze nella vita della società ed inquadra il lavoro quotidiano e le lotte per la giustizia nella testimonianza a Cristo Salvatore»[5]. Non siamo in presenza di un interesse o di un’azione marginale, che si aggiunge alla missione della chiesa, ma al cuore stesso della sua ministerialità.

Prima destinataria della DS è la comunità ecclesiale in tutti i suoi membri, perché tutti hanno responsabilità sociali da assumere.

La DS implica altresì responsabilità relative alla costruzione, all’organizzazione e al funzionamento della società: obblighi politici, economici, amministrativi, vale a dire di natura secolare, che appartengono ai fedeli laici, non ai sacerdoti o ai religiosi.

4.3 La salvezza nell’armonia del dialogo ecumenico e nel pluralismo culturale e religioso (non sviluppato)


5. CONCLUSIONE

Dalla considerazione tra la Gaudium et Spes e Upsala ne risulta che i fenomeni della storia umana possono essere una via per la comunione tra i cristiani. Questi due documenti parlano di una chiesa attenta ai segni dei tempi.

Il punto di denuncia è stato la mentalità tecnico-industriale che ha fatto del progresso materiale un mito mai realizzato pienamente. Tutto il contrario, anzi è messo in pericolo l’intero ecosistema planetario.

Come risposta a questa violenza planetaria i cristiani propongono il Vangelo della Vita realizzato in Gesù di Nazareth.

Due sono le vie di risposta seguite nel corso: la teologia politica e la TdL por una parte e la DSCh dall’altra.
Un’autentica teologia delle realtà terrene dovrebbe mettere in risalto sia una teologia attenta ai segni dei tempi, sia una solida base dottrinale, considerando la DSCh non tanto una teologia-morale come lei stessa propone ma come corpo dottrinale in favore di una teologia dell’emarginato e del povero.
[1] Pio XII, Discorso ai nuovi cardinali, 20 febbraio 1946.
[2] Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 41: AAS 80 (1988) 571.
[3] Catechismo della Chiesa Cattolica.
[4] Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Centesimus annus, 54: AAS 83 (1991) 860.
[5] Centesimus annus, 5: AAS 83 (1991) 799.

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